Miss cadeaux
Posted: Luglio 11th, 2009 | Author: porno | Filed under: Libri e racconti, Spizzichi e bocconi | Commenti disabilitati su Miss cadeauxCome tutte le mignotte mia sorella aveva senso dell’umorismo e raccontava bene le barzellette. Quando le dissi che ero omosessuale mi raccontò la storiella di quel frocio che al banco della frutta ordinava due banane così almeno una la mangiava.
“Chiquita boy”, mi disse, “da adesso ti chiamo così”.
“Non farlo di nuovo”, le urlai.
Mi diede una botta in piena fronte con il palmo della mano, “stai calma, checca”, disse masticandomi la gomma in faccia per impressionarmi, “il mondo là fuori sarà molto più feroce. Adesso stammi a sentire, tu questa cosa non la devi dire a nessuno, non ti lasceranno fare come vuoi”, l’odore di vernice del suo smalto mi bruciava in gola, “a casa non devono saperlo, è un problema tuo”.
Aveva tre anni più di me e ogni sera veniva a prenderla un ragazzo diverso. Nel quartiere si dicevano cose di lei, tutte infami, tutte vere, ma la sua vita era quella, ogni sera su un sedile diverso. Avevo installato un software per rubare le password sul suo pc e la sua posta elettronica era un inferno di cazzi e di appuntamenti. La mattina andava in un albergo alla ferrovia con le lenzuola di carta e i bicchieri monouso e per una mezz’ora lei chiedeva un cadeau. Usava quella parola ridicola in ogni email. Lei miss cadeau io chiquita boy.
Miss cadeau era tutto quello che volevo essere, unghie dipinte e niente senso di appartenenza. Lei era di tutti quelli che se la volevano fare, una specie di bene pubblico, ed era anche di mia mamma, quando piangeva perché avevano scritto con lo smalto nero nell’ascensore che la figlia era una troia con lo smalto nero e io non avevo fatto in tempo a cancellarlo. La vita di miss cadeau era una svendita di carne permanente.
Quando restò incinta mia mamma abbassò gli occhiali per metterla bene a fuoco e disse che se ne doveva andare. Mettemmo le cose nelle buste e l’accompagnai in una stanza a Ponticelli. C’era un fornello, un materasso per terra e la tenda di plastica attorno la doccia. Miss cadeau contò i soldi di ferro nel borsellino a forma di farfallina, scrisse un numero di telefono su un pezzo di carta e io le accarezzai i capelli che sapevano di baby shampoo johnson’s.
Trovò lavoro in un videonoleggio a Portici. La pancia non si vedeva ancora e miss cadeau adesso vestiva con una salopette di jeans e i capelli legati. Quando il proprietario non c’era andavo al videonoleggio, mi sedevo su una sedia di ferro e sfogliavo i cataloghi. Parlavamo della bambina, e leggevamo i nomi delle attrici sulle locandine dei film per sceglierne uno bello, pieno di significato. Miss cadeau voleva per la figlia uno stracazzo di nome magico.
Decidemmo di chiamarla “Il favoloso mondo di Amelie”.
Il favoloso mondo di Amelie nacque con un dito in meno alla mano sinistra e quello doveva essere il segno del suo potere magico. Cercammo su internet il costo di una protesi di un dito robotico che sembrasse vero, ma non trovammo niente, bisognava andare in ospedale e spiegare la situazione ai medici. Miss cadeau disse che una volta grande, le avrebbe fatto trapiantare il suo dito.
Mi trasferii nella stanza di Ponticelli la settimana seguente. Prima di andare, rubai la collanina d’oro di mia mamma e gli orecchini di perla. Arrivai a casa di miss cadeau con un passeggino che sembrava fatto su misura per Il favoloso mondo di Amelie, così potemmo toglierla dal carrello del supermercato che avevamo rubato al parcheggio dell’Ipercoop.
Nonostante il dito in meno, Il favoloso mondo di Amelie sembrava intelligente. Non piangeva, mi guardava fisso negli occhi, aveva sei settimane ma cristo dio era già matura per la sua età. Aspettavo che miss cadeau finisse il turno al video noleggio dondolando il passeggino e poi ritornavamo alla stanza. Certe volte per strada miss cadeau piangeva, poi chiedeva scusa a me e Il favoloso mondo di Amelie e diceva ad alta voce che non potevamo permetterci di piangere.
Conobbi Ruggiero quando Il favoloso mondo di Amelie compì quattro mesi. Feci la prima volta l’amore a diciassette anni sul materasso di miss cadeau mentre Il favoloso mondo di Amelie dormiva nella doccia. Misi la tendina di plastica attorno alla carrozzina perché non volevo che sentisse, ma lei comprese la situazione e si addormentò subito. Mi innamorai di Ruggiero e del suo corpo. Pensai che fossimo più carne che anima o che comunque non erano stati bilanciati bene gli elementi e che tutto, eccetto Il favoloso mondo di Amelie, fosse corrotto e magnifico.
Una sera Ruggiero disse a miss cadeau che Il favoloso mondo di Amelie era un nome stronzissimo e lei lo ferì a un braccio con un coltello. Il sangue schizzò sulla parete e le gocce che caddero sul pavimento disegnarono dei cerchi sferici rosso intenso. Medicammo Ruggiero con un pannolino e il nastro isolante. Miss cadeau non gli chiese scusa, nessuno poteva toccare Il favoloso mondo di Amelie.
Avevo il terrore di comprare un giocattolo perché temevo che Il favoloso mondo di Amelie non fosse capace di tenerlo a causa del dito in meno. Per fare una prova le diedi da stringere lo spazzolino e lei lo strinse forte per farmi capire che poteva fare qualunque cosa. Quella sera festeggiammo, io, miss cadeau, Ruggiero e Il favoloso mondo di Amelie ebbe il suo primo sonaglio.
Ruggiero mi lasciò tre mesi dopo quando la culla di Il favoloso mondo di Amelie era piena di sonagli. Gli chiesi di restare anche se adesso stava insieme a quell’altro conosciuto all’università. Lo avrei aspettato, avrei amato io per tutti e due, mi disse che non era possibile e che sotto casa c’era una macchina che lo avrebbe portato in un albergo al centro storico a fare l’amore tutta la notte. Miss cadeau mi spiegò che esisteva il paradiso perché esisteva l’inferno e che l’uno senza l’altro non valevano niente e che si stava di qua e di là per un po’. Quella notte dormimmo tutti e tre sul materasso e mi lasciò stringere Il favoloso mondo di Amelie e sentire il suo fiato sulla mia spalla.
Prendemmo in gestione una pompa di benzina. Non era molto lontano da casa nostra, si arrivava a piedi prendendo delle strade interne e tagliando per il ponte della vesuviana. Quando tornavamo la sera c’erano dei cani pazzi che ci abbaiavano da dietro i cancelli e miss cadeau riempiva il cancello di calci e gli urlava che lei era più pazza di loro. Alla pompa di benzina c’era un piazzale di pochi metri quadrati, una sola pompa e un gabbiotto di metallo dove dentro potevamo starci tutti e tre. Bastarono pochi giorni per abituarci all’odore della benzina. All’inizio sembrava di masticare la carta stagnola, poi non si sentiva più. Avevamo paura per Il favoloso mondo di Amelie e cercavamo di tenerla tutto il giorno nel gabbiotto per non farle respirare il piombo. Mettemmo una tenda di stoffa pesante all’ingresso del gabbiotto, più comoda da aprire rispetto a una porta e pensammo che avrebbe respirato il piombo al posto del Il favoloso mondo di Amelie. Non stabilimmo dei turni perché nessuno voleva lasciare da solo l’altro, e poi io e miss cadeau insieme potevamo respirare tutto il piombo che c’era nell’aria, perché quattro polmoni erano più capaci di due. Prima di andare via la sera, mettevamo una catena con un lucchetto e al centro pendeva un cartello con scritto chiuso. Mettemmo un’insegna. La disegnò miss cadeau con lo smalto impiegandoci una settimana intera interrompendo il lavoro a ogni macchina che si fermava. La disegnò usando la porta di un armadio che qualcuno aveva abbandonato durante la notte vicino la catena. C’era scritto in tre colori diversi “Pompa di benzina Il favoloso mondo di Amelie – Miss cadeau – Cichuita boy ”.
Appoggiammo l’insegna su una sedia all’ingresso della pompa e i clienti più divertenti volevano sapere a chi di noi appartenessero esattamente quei nomi.
“Sembra il nome di un circo”, dissi.
“Infatti”, disse miss cadeau.
Comprammo un distributore di bibite e facemmo un cattivo affare. Avevamo sfogliato dei cataloghi e decidemmo per un modello neanche troppo costoso che poteva contenere sette tipi di bibite. Nessuno scendeva dalla macchina per comprare la coca cola. All’inizio miss cadeau chiedeva se volessero qualcosa da bere, ma tutti chiedevano solo benzina. Miss cadeau aveva speso mille e duecento euro per quel coso e una notte uscì di casa da sola e andò a distruggerlo con un martello. Chiese scusa a Il favoloso mondo di Amelie e promise che in futuro sarebbe stata più attenta. Comunque gli affari alla pompa andavano bene e il distributore di coca cola fu il solo evento negativo.
L’inverno seguente Il favoloso mondo di Amelie si tenne da sola sulle gambe. Era un martedì mattina verso le undici, uscì dal gabbiotto barcollando, ma era in piedi, e in mano stringeva uno spazzolino, e venne a restituirmelo. Dovette essere la potenza di quella scena, ma sia io che miss cadeau pensammo che sarebbe arrivata lontano.
Legammo Il favoloso mondo di Amelie alla pompa con una corda di dieci metri perché non volevamo che andasse in strada. Avevo preparato un’imbragatura da mettere attorno le spalle che lei provava a sfilarsi piangendo. Poi si abituò, come alla puzza del piombo, a vivere la vita che le era toccata in sorte. Il mese successivo, valutando il carattere altamente responsabile di Il favoloso mondo di Amelie, allungammo la corda di due metri così che potesse arrivare fino alla fontanina dietro il gabbiotto e alla catena.
A maggio miss cadeau conobbe Sergio e si sposarono in chiesa tre mesi dopo. Il favoloso mondo di Amelie era vestita di rosa e in chiesa non avevamo invitato nostra madre. In tutto, compreso gli sposi eravamo sette persone. Facemmo la festa di nozze alla pompa di benzina. Comprammo due chili di piccola pasticceria e pasta di mandorle e da bere avevamo il vermut. Miss cadeau si fece una foto mentre metteva la benzina vestita da sposa e tutti quelli che passavano suonavano il clacson.
Ad agosto Sergio lasciò miss cadeau perché non era più innamorato di lei. Della loro storia d’amore restarono le rate da pagare del frigorifero nuovo e del letto con il cassettone che avevano comprato.
Il primo di ottobre vennero due assistenti sociali a dirci che non potevamo tenere Il favoloso mondo di Amelie legata all’interno di una pompa di benzina. La tenemmo nascosta in casa per un mese, per paura che la prendessero, poi sparirono e Il favoloso mondo di Amelie ritornò con noi alla pompa.
Nel frattempo Miss cadeau aveva cominciato a uscire con un dentista. Disse che prima che l’avrebbe lasciata voleva farsi aggiustare i denti. Poi alzò il mio labbro e disse che anche i miei erano da rifare. Così ogni martedì sera per un mese andai dal dentista. Ricostruì con della resina il pezzo di un dente che si era staccato, poi, il terzo martedì il dentista mi baciò. Andai da lui tutte le sere anche dopo che i miei denti erano nuovi. Mi penetrava a lungo, con dolcezza, poi aumentava il ritmo, mi premeva la testa contro lo schienale della sedia e mi diceva che da quando si era sposato, non era mai stato tanto felice come lo era con me.
“Troia”, disse miss cadeau, “ti sei preso il dentista”, poi mi passò la mano tra i capelli, “guarda che quello è sposato”.
Il dentista mi chiese di fare un breve viaggio con lui a Madrid. C’era una convention pagata da una casa produttrice di resine per dentiere e lui poteva portare un’altra persona. Ci accompagnò sua moglie all’aeroporto. Era una donna esile, bionda, con un gradiente di abbronzatura artificiale sul viso. Il dentista le disse che io ero il suo nuovo assistente, lei mi strinse la mano e mi augurò una buona sorte. Alla convention non ci andammo nemmeno un giorno, restammo chiusi in questo albergo a Plaza de Espana per due giorni e due notti. Il dentista mi leccava con dolcezza il glande, mi diceva che se le cose non stavano in quella maniera, avrebbe voluto vivere con me. Mi sentivo felice, amato. Il pomeriggio prendevamo una pausa e andavamo in uno Starbucks dove servivano dei cappuccini gelati che mi ghiacciavano le tempie.
“Non fa male ai denti questa roba?”, gli chiesi.
Il dentista alzò le spalle.
Comprai una calamita a forma di torero a miss cadeau e una maglietta con scritto I love Espana con le pagliettes a Il favoloso mondo di Amelie. Ripartimmo per Napoli il giorno seguente con il volo AZ834 dell’Iberia. La sera stessa il dentista disse che non ci potevamo più vedere. Mi diede un assegno di mille euro e aggiunse che il lavoro ai denti che mi aveva fatto veniva altri mille euro e che mi potevo ritenere ben pagato. Con quei soldi comprammo una Citroen bianca di tredici anni e Il favoloso mondo di Amelie fece il suo primo giro in macchina.
Non piansi nemmeno una lacrima nonostante gli sforzi. Continuai a servire benzina e a pensare che Il favoloso mondo di Amelie fosse un motivo buono per essere là. Nel frattempo miss cadeau aveva messo su una piccola attività con l’unica cosa che davvero sapesse usare: lo smalto. Con uno smalto indelebile faceva a poco prezzo dei disegni sulle carrozzerie delle macchine. Scriveva delle frasi stupide, spesso nomi di donne o i colori del Napoli. Venti euro a macchina e in un giorno buono ne faceva anche quattro.
Il numero dieci fu il primo problema che Il favoloso mondo di Amelie dovette affrontare. Lei apriva le mani e quando arrivava a nove, le mostrammo come mettere il suo naso proprio sopra lo spazio in mezzo alla mano che le avanzava e arrivare fino a dieci. Ma per comodità io e miss cadeau avevamo regolato tutto su il numero nove. Nella nostra pompa di benzina non c’era nulla che non potesse essere contato con cinque dita di una mano e quattro dell’altra.
Coi soldi delle scritte con lo smalto miss cadeau andò dal parrucchiere e si fece tagliare i capelli a caschetto. La stessa sorte toccò a Il favoloso mondo di Amelie. Erano uguali, e solo quella sera capii che miss cadeau l’aveva concepito da sola. La settimana successiva al taglio dei capelli, Il favoloso mondo di Amelie mise il suo primo dente e miss cadeau disse che adesso poteva prendere a morsi il mondo.
Ruggiero ritornò il dodici dicembre. Mise il suo naso sul mio collo e mi chiese di restare immobile così, per tutta la vita. Miss cadeau uscì dal gabbiotto.
“Se lo fai piangere di nuovo, ti taglio due dita, così una la incollo alla mano di Il favoloso mondo di Amelie”.
Autore:
Gianni Solla – raccoltina di racconti Samurai – email: hotelmessico@yahoo.it – http://www.hotelmessico.net
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