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Se non le puttane, allora, chi?

Posted: Dicembre 8th, 2011 | Author: | Filed under: Documenti | Tags: , , | Commenti disabilitati su Se non le puttane, allora, chi?

E dopo tre giorni di discussione, forse, e dico forse, si riesce a discutere di pensioni, di donne, di uomini, di persone come noi, che hanno bisogno di lavorare, di campare, che non sanno dove sbattere la testa, che saranno colpit* da questa riforma pensionistica così come da tutto il provvedimento economico. Operai che fanno lavori usuranti costretti a lavorare fino a settantanni e donne costrette a fare tre lavori, fuori e dentro casa, costrette anch’esse a restare in piedi fino alla stessa età. Cose che lasciano indifferenti chi, come la Fornero o chi per lei, ha il culo ben protetto e coccolato.

Sarà per questo che prevedendo la marea di articoli melensi sulle lacrime della Fornero noi ci siamo concentrat* sull’aspetto della comunicazione politica e abbiamo tirato fuori una provocazione radicale, perché, per dirla alla Lipperini, se c’è chi ti forza alla dicotomia allora che dicotomia sia, nella speranza che ci sia (e se non c’è si fa da noi) qualcun@ così intelligente da riassestare la discussione sul tema che doveva essere quello principale fin dall’inizio. A ciascun@ il suo mestiere. Noi facciamo il nostro.

Se tu mi dici “santa” io ti dico “puttana” (anche le puttane hanno diritto alla pensione… o no?) e se tu mi dici che “zoccola” equivale ad una perdita di dignità io ti dico “zoccola anch’io”. Se tu mi dici “sgualdrina” io ti dico “slut walk”. Non ti dico “lottiamo per la dignità delle donne” escludendo a priori che le donne che fanno un determinato mestiere, che si vestono in un certo modo, che usano il corpo come pare a loro, siano dignitosamente donne. Donne vere, per l’appunto. Il discorso contrario sposta la morale comune a destra, ambisce a occupare pensatoi fascisteggianti, in cui l’ambizione massima è quella del controllo sui corpi delle donne e sulla loro sessualità. Ma in generale l’argomento è così complesso che non si può articolare in un solo post e andrebbe tutto ragionato a più voci perché nessuna ha ragione e nessuna ha torto. Semplicemente la questione va sviscerata tenendo conto dei mille aspetti che la riguardano.

In ogni caso, l’uso della provocazione per contrapposizioni, non è così difficile da capire salvo per quelle che campano con i prosciutti sugli occhi, e scusate la metafora carnivora, o per quelle che fanno le bastian contrarie (contro le donne o solo contro di noi) di mestiere e quelle altre che tendono a indignarsi a comando. Dove il comando arriva spesso da leader maschi, da gruppi editoriali maschi e dal suo seguito al femminile che tenta di intruppare quante più donne possibile per rendere più credibile la proposta di partito.

E allora mentre altrove si continua a discutere di pensioni e donne vere, persone vere come noi, di una classe totalmente differente a quella della Fornero, perché di sostanziale differenza di classe si tratta, qui vorremmo continuare a ragionare del diritto alla rivendicazione politica e alla lotta a partire dall’agibilità dello spazio pubblico, ché se non c’è quell’agibilità non è che poi ci siano tutti ‘sti spazi per parlare di pensioni e di differenza di classe, ovvero: se lo spazio pubblico è occupato, anzi scippato, da chi detta l’agenda e il dizionario politico, noi che non siamo nessuno abbiamo poco da rivendicare. Teoricamente potremmo solo intrupparci, obbedire, portare in piazza i nostri fiocchetti rosa o al massimo gli ombrelli rossi stando ben attente a non disturbare troppo le azioni delle grandi.

Parliamo dunque di altre donne vere che pur avendo diritto a lottare senza essere fagocitate o strumentalizzate da nessuno si ritrovano a dover fare una battaglia affinché sia loro riconosciuta la dignità che è dovuta.

Siamo sul terreno delle lotte: abbiamo già posto la questione e in parte qualcun@, che ringraziamo, ci ha risposto. Ma non chi ha scritto la call di apertura. Parlo di Snoq, ovviamente.

La singola militante sa perché scende in piazza ma le dirigenti, dirigibili, non meglio identificate se non in un gruppo di donne vicine al Pd o alla Cgil, lo sanno? O meglio: l’hanno detto alle altre?

I temi e gli argomenti politici non li condividiamo granché, nell’impostazione e nel metodo, lo abbiamo detto varie volte, ma più in generale vorremmo capire cosa succede in quei contesti giacché leggiamo di sommovimenti vari che in qualche modo vanno raccontati. Spero che altr* lo facciano più e meglio di noi ma nel frattempo io anticipo e mi faccio e vi faccio delle domande.

Non so se lo sapete ma da qualche tempo c’è una diatriba in corso e riguarda l’Udi. Una organizzazione che come sappiamo bene negli ultimi anni si è distinta per battaglie contro la violenza sulle donne, per l’uso di immagini non offensive per le donne, e ha radunato attorno a se’ energie, anche nuove, che via via arricchivano e mutavano la stessa identità dell’Udi.

Un tempo era una appendice del Pci, poi non lo fu più o meglio negli ultimi anni si è disancorata da contesti partitici per portare avanti battaglie in favore delle donne senza dover dar conto a nessuno del proprio operato. Perché avere la libertà di criticare tutto e tutt*, quando si parla di donne, è una cosa auspicabile. Un po’ come per noi, non guardiamo in faccia nessuno. Esistono le donne innanzitutto. Punto e basta.

Negli ultimi tempi leggo che le fasi congressuali e le elezioni degli organi direttivi dell’associazione, in modi burocraticamente più che leciti, hanno praticamente fatto fuori tutto il gruppo che stava portando avanti quella modalità. Persone più vicine a Pd e/o Cgil si riprendono l’Udi e dalle ultime notizie pare che vogliano portare le loro truppe dentro Snoq e alle manifestazioni Snoq-iane.

Sui numeri dei congressi, delle riunioni, delle assemblee e sulle posizioni delle donne, tante, ovvero tutte quelle che hanno animato l’Udi fino a qualche mese fa, che stanno riconsegnando la tessera per protesta contro questa modalità partitica di gestione dell’associazione, potete leggere su un blog, nato da poco, che si chiama “Udi che Siamo“.

A fronte di questi sommovimenti e di queste cose che restano in ombra ma che sembrano legate all’uso del femminile, delle donne, in piazza a legittimazione di partiti, governi, linee politiche varie, di nuovo chiedo: l’11 dicembre in piazza cosa andate a fare?

Quali sono i temi sui quali siete chiamate a manifestare? Il 13 febbraio era la dignità rosa e berlusconi l’orco, e oggi? A sostegno del governo Monti? Per fare da spalla alla finta opposizione della Cgil alla riforma pensionistica? Per ribadire che meglio ministri sanguisughe che zoccole al governo?

Davvero vorremmo capire e vorremmo capire più di tutto: le donne che scendono in piazza conoscono le dirigenti Snoq? Sanno chi determina la linea politica da seguire? hanno voce in capitolo sulle decisioni comuni? Hanno diritto di partecipare?

Questa è politica. Parliamone. Grazie.

Via: Femminismo a Sud