Mostra sulle violenze sulle donne e le violenze di genere a Torino
Posted: Novembre 22nd, 2011 | Author: porno | Filed under: Appuntamenti | Tags: Palazzo Nuovo, Sguardi sui Generis, Torino, violenza | Commenti disabilitati su Mostra sulle violenze sulle donne e le violenze di genere a Torino[singlepic id=74 w= h= float=center]
Segnalo questa iniziativa a cura di Sguardi sui Generis
Dal 23 al 25 novembre nell’atrio di Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino, si terrà una mostra che avrà come filo conduttore le violenze sulle donne e le violenze di genere.
Parliamo al plurale perché sono tanti i tipi di violenza perpetuati: violenza sessuale, fisica, economica, verbale, psicologica fino ad arrivare al femminicidio.
La mostra é completamente autorganizzata da Sguardi sui Generis insieme ad altre donne, studentesse, lavoratrici e dal collettivo Arkida, ognuna porterà frasi, foto, poesie, disegni, opere per parlare attraverso il “linguaggio dell’arte” di questo brutale fenomeno frutto della cultura patriarcale insita nel sistema.
Lavori di artiste/i internazionali, foto scattate da noi, frasi e poesie più o meno celebri, tutte siamo invitate non solo a partecipare ma a dare il nostro contributo, per metter in luce un fenomeno che non accenna a diminuire e che spesso si presenta con sotterfugi difficili da smascherare.
Le donne, i corpi, le persone che subiscono violenze non solo solo numeri per le statistiche… noi vogliamo farli parlare, comunicare e raccontarsi.
NI UNA MAS!
L’idea di questa mostra nasce dal confronto fra collettivi universitari e singole soggettività che, in vista della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, hanno sentito l’esigenza di costruire uno spazio per ripensare e reimmaginare la violenza di genere. Una questione, quest’ultima, tutt’altro che liquidata da una presunta parificazione dei sessi e che, con il suo incremento di anno in anno, continua ad indicarci le radici culturali e materiali di uno svantaggio sociale di fatto. Non è infatti alle categorie di violenza criminale o di patologia individuale che può essere ricondotto il fenomeno – come vorrebbe invece la diffusa parzialità di letture – bensì a quei rapporti di potere fra i generi che costituiscono un sostrato culturale trasversale alla società, tanto nella sfera della vita privata quanto nelle istituzioni, i linguaggi, i saperi.
È in particolar modo alla famiglia e alla sua costruzione subordinante dei ruoli di genere che sembra sia necessario guardare quando di violenza sulle donne si parla. Quest’ultima, infatti, avviene, nell’80% dei casi, per mano di parenti, mariti, fidanzati, padri, smentendo ogni rappresentazione etnicizzata del fenomeno, che lo vorrebbe frutto della “barbarie culturale” di migranti e stranieri. Sempre nella costruzione normativa ed eterosessuata dei ruoli di genere fondata sulla famiglia va rintracciata la radice culturale di tanta violenza omofoba che va a colpire la libertà di scelta e determinazione di sé in tema di sessualità e legami affettivi.
Le stesse risposte istituzionali fondate esclusivamente sulle politiche di tutela familiare si rivelano inefficaci quando non dannose, nella misura in cui legittimano il ruolo della famiglia come spazio di protezione e subordinazione del genere femminile. Insieme alle letture in chiave razzista, che fondano le politiche securitarie e anti-immigrazione sulla difesa del corpo femminile, esse contribuiscono a riprodurre nel tempo il legame culturale fra protezione delle donne e aggressione, rappresentando un altro genere di violenza, simbolica e culturale.
Una violenza, quella simbolica attuata sul corpo delle donne, che sembrerebbe d’altronde costituire il pane quotidiano della comunicazione di massa e del linguaggio pubblicitario, dove alla mercificazione del corpo femminile, ridotto a puro veicolo di appetibilità sessuale e consumistica per i prodotti in vendita, si affianca la tendenza ad eccitare un immaginario maschile violento, attraverso l’esposizione di pezzi di corpo, di volti esangui, di pose sottomesse.
In un quadro simile, la questione della violenza subordinante sulle donne si rivela non tanto e non solo l’episodico frutto di relazioni diseguali nella sfera del privato, quanto un esplicito fattore di valorizzazione economica ed un implicito vettore di consenso politico per istanze razziste, omofobe, discriminanti. Di qui la necessità di riappropriarci in prima persona della rappresentazione della violenza di genere, per farla emergere nella sua autentica dimensione politica al di fuori e al di là di ogni costruzione ideologica, strumentale o ammiccante. Per aprire degli spazi di immaginario ‘altro’, di autonarrazione, che non si limitino alla celebrazione simbolica della ricorrenza, ma la oltrepassino per trovare ogni giorno le ragioni politiche di un’opposizione culturale e di una lotta.
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