Due riflessioni sul “caso Povia” e il “caso Gino Paoli” – marketing, mass media e repressione
Posted: Gennaio 28th, 2009 | Author: porno | Filed under: Repressione | Commenti disabilitati su Due riflessioni sul “caso Povia” e il “caso Gino Paoli” – marketing, mass media e repressioneDel “caso Povia” e della sua canzoncina sulla guarigione delle persone omosessuali che presentera’ al prossimo festival di San Remo e del “caso Gino Paoli” si e’ parlato molto nelle ultime settimane e oggi ho trovato qualche minuto di tempo per raccogliere i pensieri e dire la mia.
Ho trovato particolarmente interessanti questi due eventi mediatici per alcune ragioni sia di carattere pubblicitario che repressivo.
Se in entrambi i casi la regia appare evidentemente quella degli uffici stampa & marketing delle case discografiche e del festival di San Remo che hanno fiutato la possibilita’ di creare un po’ di visibilita’ mediatica a basso costo e ad alto impatto e l’hanno creata ad arte, le reazioni ai due casi sono state differenti e meriterebbero una analisi comune.
Nel “caso Povia” la reazione esclusivamente mediatica fatta di comunicati stampa e comparsate televisive di Arcigay non ha fatto altro che alimentare quello che era il fine ultimo di Povia e degli organizzatori del festival di San Remo: comparire sui media. Intere trasmissioni dedicate al caso, ospitate e aperture sui maggiori tg nazionali, prima serata su Rai1 a Porta a Porta, personaggi del calibro di Iva – prendi questa mano – Zanicchi resuscitati e posti a difesa delle persone omosessuali, giornali infarciti di commenti e opinioni in merito, vittimizzazione del cantante (“mi hanno minacciato di morte”), smentite e controsmentite e la genialata del segreto assoluto sul testo della canzone non hanno fatto altro che creare l’evento San Remo che quest’anno stentava a decollare mediaticamente e a rilanciare il signor nessuno Povia sulla ribalta mediatica dopo la lunga assenza.
Forse mi sbaglio ma un silenzio mediatico magari accompagnato da una azione diretta durante il festival stesso (dove il rischio di creare l’attesa per l’evento sarebbe stata bassa) avrebbe evitato a Povia una sovraesposizione mediatica e forse sarebbe stata piu’ utile alla “causa gay”. Le battaglie mediatiche fatte sullo stesso piano e con le stesse armi di chi fa della comunicazione pubblicitaria la propria professione credo non possano che essere fallimentari.
E poi Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay, in giacca e cravatta che tenta di apparire come “il gay serio con opinioni serie” che compare per 15 secondi su un tg nazionale non puo’ che soccombere miseramente nella memoria collettiva di fronte a un Diego Passoni qualunque che, con molta piu’ “””presunta ironia””” e padronanza del mezzo televisivo nazional popolare, distrugge Povia per il suo abbigliamento durante la trasmissione televisiva L’Italia allo Specchio riuscendo a ridicolizzare lateralmente Povia per 5 minuti buoni e catturando l’attenzione della casalinga annoiata.
Se si vuole giocare sullo stesso piano con i mass media, come ha scelto di fare una parte del movimento gay italiano, nella distruzione di un evento nazional popolare e di un finto scandalo creato ad arte bisogna conoscere le regole del gioco e giocare seriamente. Nazional popolari non ci si improvvisa e infatti le uscite “mediaticamente migliori” sul tema sono state quelle di una fascinosissima Vladimir – grande sorella – Luxuria che, alla Vita in Diretta, e’ riuscita tutto sommato ad apparire mediaticamente interessante e non eccessivamente noiosa.
Capisco perche’ una parte del movimento glbt italiano abbia scelto di giocare su quel piano le proprie carte (come d’altra parte hanno sempre tentato di fare con, a mio parere, pochissimi risultati) ma non posso che ritenere tutto questo sforzo estremamente controproducente. Gli unici risultati raggiunti sono stati il lancio del festival di San Remo e di Povia, con somma soddisfazione dei rispettivi uffici stampa che ci hanno azzeccato ancora una volta, senza riuscire a creare un movimento d’opinione sul caso che non fosse quello da salotto di Bruno Vespa (dove tra l’altro Mancuso non e’ riuscito neanche a farsi invitare in studio e dove se ne sono sentite di tutte).
Molto piu’ delicato il caso Paoli. Se da una parte l’operazione commerciale e’ riuscita perfettamente e l’uscita di un album nuovo di Gino Paoli che non interessava a nessuno se non a quei quattro che comprano ancora CD in Italia e a cui interessa Paoli e’ finita in prima pagina su moltissimi quotidiani e TG e quindi al grande pubblico (tanto da arrivare su questa mailing list), dall’altra Paoli e’ riuscito a farsi pubblicita’ molto bene andando in tv una sola volta, da Fabio Fazio a Che Tempo che Fa su Rai3, in un ambiente “protetto” e affrontando di petto il tutto.
Niente confronto reale, niente dibattito, solo ottima pubblicita’ in cui Paoli riesce addirittura a ribaltare le accuse sostenendo che
«Le emozioni sono filtrate dalla sensibilità individuale, chi ha una sensibilità sporca svilupperà una risposta emotiva sporca, chi si sente pulito, le vivrà come emozioni pulite». In ultima analisi, conclude Paoli, si tratta di capire che «chi ha buon senso ha sicuramente dato il significato giusto alla canzone, e di chi non ne ha, non me ne frega niente»
e appellandosi addirittura a “quella pietas cristiana di cui invece la società nella sua spasmodica ricerca del mostro ha perso traccia” in una intervista sul cattolicissimo Avvenire.
Una operazione commerciale piu’ “elegante” e sofisticata che pero’ ha avuto dei risvolti decisamente piu’ gravi a livello repressivo.
A parte gli immancabili ed inquietanti interventi del Moige, dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, del Telefono Arcobaleno e dell’Associazione Nazionale Sociologi l’aspetto piu’ preoccupante e’ un altro.
La Commissione bicamerale per l’Infanzia presieduta dalla nerissima Alessandra Mussolini ha convocato il cantautore nell’ambito di una indagine conoscitiva che la commissione sta svolgendo sulla pedopornografia. In ballo c’e’ il tentativo, ormai portato avanti da qualche anno, di stringere le maglie della censura soprattutto, ma non solo, su internet utilizzando come scusa la repressione di quella che viene genericamente definita “pedofilia culturale” ovvero tutto cio’ che non rientra direttamente nell’abuso del minore (che e’ gia’ giustamente punito per legge) ma che, in qualche modo, pare giustificarlo, promuoverlo o descriverlo attraverso testi, siti internet, film, fumetti, canzoni.
La valutazione dell’esistenza di tale reato non puo’ che essere estremamente soggettiva e dettata dalla “sensibilita’” del singolo giudice vista la mancanza di una “vittima” ed essendo il reato puramente “culturale”. Il famosissimo Lolita di Vladimir Nabokov da cui Stanley Kubrick trasse il relativo film sarebbe da considerarsi promozione o descrizione di atti pedopornografici e quindi passibile di censura e pena detentiva? Il libro Arancia Meccanica di Anthony Burgess in cui Alex (sedicenne) rapisce e stupra due bambine di 10 anni sarebbe stato messo al bando e non avremmo mai visto l’omonimo (ma decisamente autocensurato) film? Memorie di una Geisha di Golden in cui la verginita’ di una bambina viene messa all’asta sarebbe stato bruciato al rogo e i traduttori puniti con la reclusione? E che dire dei numerosissimi fumetti erotici e pornografici (e relativi film di animazione) in cui minorenni compiono atti sessuali?
La riflessione sul sottile confine tra la giustissima tutela dei minori e la censura di stato o l’autocensura (per paura) di scrittori, registi, cantanti o pittori non penso possa e debba passare attraverso una canzoncina di Gino Paoli e il successivo delirio mediatico.
Ma si sa, siamo in Italia dove la repressione e’ multiforme e sempre in agguato e dove pensare di fare ancora delle riflessioni serie su qualcosa che non siano le tette rifatte delle concorrenti del Grande Fratello o sulle vicende del calciatore di turno pare quasi una utopia.
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