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Christa Eckes – una irregolare come noi

Posted: Dicembre 28th, 2011 | Author: | Filed under: Documenti, Repressione | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su Christa Eckes – una irregolare come noi

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Ascolta “Christa Eckes”, la puntata di La virgola di Elisabetta cliccando qui

“La nostra linea è chiara. Ci hanno chiamate in tutti i modi: pazze, terroriste, comuniste. E ci odiano soprattutto perchè non siamo come le altre: siamo irregolari e chiediamo alla gente di disobbedire perchè senza giustizia non può esserci democrazia.”
(Le irregolari- Il racconto di Hebe-)

Christa Eckes è una militante della RAF che ha scontato svariati anni di carcere per la sua attività politica e che ora è in libertà, ma seriamente malata di leucemia linfatica e, da settembre, ricoverata in una clinica e sottoposta a radioterapia e chemioterapia, con diagnosi molto incerta.
Il primo dicembre 2011, la Corte d’Appello di Stoccarda ha deciso la sua incarcerazione per sei mesi perchè si rifiuta di testimoniare nel processo per l’uccisione, nel 1977, del procuratore generale federale Siegfried Buback, processo, peraltro, ripetutamente arrivato a sentenza e riaperto.
Oltre tutto, nel periodo in cui sono accaduti i fatti relativi al processo, Christa era già in carcere e da diverso tempo.

Da dove vogliamo cominciare?

Il codice penale tedesco prevede la carcerazione di sei mesi, Beugehaft, per chi si rifiuta di testimoniare.
Questa figura giuridica è stata introdotta nel codice durante il nazismo, come, del resto, il reato d’autore o per il modo di essere, Taterschuld, norme mai abolite nella nuova configurazione dello Stato così detto “democratico”.
E’ chiaro che questo tipo di carcerazione è indirizzata a forzare la collaborazione del soggetto, ad incentivare la delazione, a spezzare la solidarietà, è un monito per tutti ed è una forma di tortura.
L’obiettivo è quello di costringere i detenuti/e e i /le militanti politici/che a rinunciare ad una loro biografia e ad ogni legame e ad ogni forma collettiva.
D’altra parte , il personale giudiziario ha continuato, indifferentemente, professioni e carriere durante e dopo il nazismo.
Lo stesso Buback era iscritto al partito nazista con il numero di tessera 8179469. E, non a caso, era arrivato ai vertici della magistratura tedesca.
Infatti, molti aspetti della vicenda di Christa, per limitarci esclusivamente a questa, ricordano modalità usate durante il nazismo.
Dopo l’arresto, negli anni ’70, Christa fu esibita come un trofeo di caccia e le furono tirati violentemente i capelli perchè rifiutava di farsi fotografare. Anche nei processi nazisti venivano tolte agli “imputati” le cinture dei pantaloni in modo che fossero impacciati e, quindi, secondo loro, ridicoli.
I militanti detenuti vengono presentati come persone che non hanno fatto una scelta politica, ma quasi come sub umani e non come avversari del governo e del sistema, ma della società tutta. E l’accusa di comunista è sinonimo di disumanità.
Naturalmente, per le donne, viene sdoganato tutto l’armamentario della violenza di genere : si passa dalla definizione di ninfomane a quella di sgradevole d’aspetto e, per questo, rifiutata dai maschi, da quella di frustrata a quella di sconfitta sentimentalmente e, dulcis in fundo, a quella che ha fatto certe scelte solo perchè perdutamente innamorata di un compagno.
Anche le torture a cui tutti i militanti della RAF sono stati sottoposti, hanno avuto, per le donne, connotati di genere.
E sono state eseguite condanne a morte extra-legem nelle celle.
Per tutti, la causa del loro impegno politico andava ricondotta a problemi patologici, da trovare in ormoni mancanti o in eccesso o in anomale circonvoluzioni del cervello. Non a caso, il cervello di Ulrike Meinhof era in bella mostra sulla scrivania del medico (chiamiamolo così) che aveva eseguito l’autopsia.
Ma l’essenza del problema non sono le presenze naziste, le configurazioni legislative che non sono state cancellate e via discorrendo.
L’essenza da svelare è la continuità e contiguità di obiettivi, metodi, strutturazioni socialdemocratiche, democristiane e naziste.
Il nazismo non è una escrescenza anomala della storia, bensì una modalità , una variante, che il capitale utilizza, come quella socialdemocratica e liberale, a seconda delle sue necessità.
Ora, nella stagione neoliberista, che si dichiara a ogni piè sospinto antifascista e antirazzista,la natura della società è sempre più pervasa da connotati fascisti e razzisti.
E, quello che sta operando la Germania nei riguardi dei militanti della RAF, come del resto succede anche in altri paesi, Italia compresa, non è altro che la vendetta nei confronti degli oppositori politici che hanno osato sfidare la società divisa in classi e credere e pensare che un’altra società è possibile.
Ma è proprio questo accanimento che ci ricorda , ogni giorno,che la società è divisa in classi, e che la borghesia riserva a sè, solo a sè, la lotta di classe e l’odio di classe.
Ai popoli del terzo mondo che si ribellano viene negata la dimensione antimperialista, a chi si ribella qui da noi viene negata la dimensione politica.

Christa si rifiuta di deporre e, si presume, per la magistratura, a carico dei compagni/e di militanza.
Bene, diciamolo con fermezza,anche noi faremmo lo stesso.
Non contino, qui da noi,di utilizzarci contro le resistenti e i resistenti della Val di Susa, contro le solidali e i solidali contro i Cie…risponderemo come abbiamo fatto negli anni ’70: abbiamo tutte abortito!

La solidarietà a Christa è sostegno per le nostre lotte.

Via: La virgola di Elisabetta – Radio Onda Rossa – MFLA


Testimonianze di sex workers da Occupy Wall Street

Posted: Novembre 29th, 2011 | Author: | Filed under: Documenti | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su Testimonianze di sex workers da Occupy Wall Street

Protest rallies make me horny.
Annie Sprinkle

Da X:talk  alcune testimonianze di sex workers che hanno partecipato alle manifestazioni di Occupy Wall Street

As a sex worker, I joined Occupy Wall Street because the issues that impact both myself and my community are issues that are affecting other workers: lack of affordable housing, healthcare, education, and childcare. I come to stand in solidarity with communities of color, immigrants, Indigenous folks, and LGBTQ folks who have remain disproportionately impacted by a system that has failed to provide justice, decriminalization, destigmatization, and the practice of fundamental rights.
– Hannah, a sex worker for over a decade

We’re participating at OWS because sex work is real work,and all workers deserve living wages, affordable housing, and healthy communities. Sex workers are a part of OWS’s cross movement dialogues at working groups, marches and teach-ins, inorder to build mutual understanding and work for broadbased social change.
– M, an organizer and former sex worker

I hope that my presence at OWS and the sign that I carry  revealing myself as a sex  worker and a person affected by  the crimes committed on Wall  Street, open up people’s minds  to the possibility of including sex  workers in the process of the  people’s liberation.
– Andy, a male prostitute and organizer for sex worker rights

Occupations are at the heart of sexworkers’ rights movements. Think back to the Lyon occupation in France in the1970′s. Taking Times Square last Saturday was a full circle moment, given the history of sex work in Times Square,and the joined forces of corporate andpolitical interests that have displaced sex workers from not just Times Square butany public space. For sex workers, occupying public space is about economics as much as it is free speech.
– Melissa Gira Grant, writer and former sex worker

Via: Why are sex workers and their allies occupying Wall Street?

Grazie alla segnalazione di Marginalia vi propongo anche l’intervento (tradotto in Italiano da MFLA – martedì autogestito da femministe e lesbiche su Radio Onda Rossa) di Angela Davis a Occupy Philadelphia e l’analisi critica di Joel Olson di Bring The Ruckus sul problema razziale all’interno del movimento statunitense intitolato Il candore e il 99%.

Per ascoltare Angela Davis a Occupy Philadelphia clicca qui

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Foto: Vita Di Uno Zero